
Tutta questa smania per il denaro
di cui vi fate così forti
vi indebolisce il cuore
e vi rende l’affetto meno caro
per dei desideri più corti
dell’incostante buonumore.
Le persone come i fiori
sui rami sottili del pruno
nel sole pallido della coscienza
vorrebbero restare fuori,
aggruppati ad uno_ad uno
alla propria mancata conoscenza,
all’oscuro del presagio virale,
anche se si preoccupano
di questo tempo immobile
che non sembrerebbe così letale
per le camelie che sbocciano
su_un cielo inevitabile.
Si spostano tra le corolle,
ma non sono consapevoli
del polline che, dopo, trasportano
sulle leggerezze fasulle
di voli e convenevoli,
di interessi che poi non contano
in quelle loro vite da insetti,
disseminate d’incertezze,
di euforiche apparenze
davanti a schermi senza contatti,
di strade vuote e di piazze
disertate per le assenze.
A casa ciascuno rimane
costipato o ciondolante
ammirando dei medici lo sforzo
e scorrono le settimane
come illusioni sospinte
nell’atmosfera mobile di marzo.
Le scuole a distanza invocano
studenti in dis-soluzione
per l’inaspettata vacanza,
mentre del rientro s’immaginano
– in attesa di promozione –
sfocalberi in lontanaza.
Persino i supermercati
assumono un altro senso
– meno consumistico, più vitale –
tra gli uomini separati
da un vuoto sempre più denso
che ne comprime l’assetto morale.
Giornate parcheggiate e sospese
come domeniche perenni
viste attraverso un vetro
di timori e speranze protese
oltre il restare indenni
dentro un perimetro neutro.
Svanisce senza più respiro
la generazione di nonni
messi in case di supposta cura
e poi, con un tratto di biro,
conteggiati per quanti anni…
come se contasse questa misura.
Le file alle poste distanziate,
le foglie, invece, vicine,
le chiome sempre più ombrose,
le menti dolenti e spettinate
da questo ritmo senza fine
di limitazioni spinose.
Coperto dalle mascherine
e chiuso tra pareti stanche,
il presente diventa secondario,
svanendo in vie clandestine
come delle magnolie bianche
l’odorino debole, saponario,
inavvertitamente già finito
prima di lasciarsi sentire.
prof. Simon Carù
…inavvertitamente già finito
prima di lasciarsi sentire.
bellissima intuizione