
Non è il presagio esangue dell’inverno
che gli alberi accarezza col sentore
del gelo che verrà. Non è il livore di
umidi giorni in cui l’inferno
si annuncia nei colori spenti, e il bosco
fruscia tra i piedi con suoni di bruma.
Non è il sole che nella foschia sfuma,
non la beffa delle foglie d’ibisco
che la linfa vitale abbandona.
Nell’estate malata che declina è
l’assenza a ferire, sorda spina,
è il silenzio che l’anima imprigiona;
è la pagina bianca nelle distese
chiuse sul fiore messo a maggese.
Alessandro Gardin 4B
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